sabato 28 aprile 2012

Conferenza: Voci dalle banlieues. La letteratura dei figli degli immigrati magrebini in Francia

Ieri, 27 Aprile, si è tenuta l'ultima conferenza del ciclo dedicato all'Africa Mediterranea, nell'ambito dell'iniziativa "Quale Africa conosciamo?", realizzata dal Gruppo di Studio Interculture, associato alla Mediateca dell'Università di Modena e Reggio. Relatrice la prof. Maria Beatrice Spallanzani.

L'incontro ha avuto come tema la letteratura dei figli degli immigrati magrebini in Francia, giovani che, con parola del gergo metropolitano sono talvolta chiamati beur e che vivono nelle periferie delle grandi città, le banlieues, quartieri spesso molto degradati, dove la disoccupazione e la povertà raggiungono livelli molto più alti che nel resto della Francia. Soprattutto tra i giovani la mancanza di prospettive e di lavoro creano situazioni esplosive, che talvolta purtroppo danno luogo a violente rivolte, come quelle del 2005.

Dopo aver chiarito come e quando sono nate le banlieues, la relatrice  ha preso in esame...
sei opere scritte da  alcuni giovani autori, cioè Faiza Guène, Rachid Djaidani, Mabrouck Rachedi, il collettivo "Chi fa la Francia", che ambientano le loro storie nelle periferie e ci fanno conoscere la condizione spesso drammatica dei figli degli immigrati che, nati in Francia e diventati cittadini francesi, soffrono comunque di pesanti discriminazioni e si sentono a malapena tollerati nel paese che considerano proprio. Divisi tra due culture, non più magrebini, ma non ancora pienamente francesi, questi giovani si sentono fuori posto ovunque, incapaci di identificarsi ormai con le tradizioni dei padri, ma impossibilitati a inserirsi pienamente nel paese in cui sono nati.

La critica ufficiale si è posta la domanda se questi romanzi, oltre al valore documentario e autobiografico, abbiano anche un valore letterario, cosa di cui taluni dubitano. La lettura di numerosi passi ha fornito al pubblico reggiano, sempre attento e interessato, i mezzi per trovare la risposta. 

Riportiamo il parere della prof. Elisa Bussi, che ha coordinato il gruppo Interculture fin dall'inizio: "E' da segnalare quest'ultimo tra gli importanti incontri del gruppo Interculture, pianificato ed esposto con grande chiarezza e partecipazione emotiva. Quanto al problema sollevato più volte nei vari interventi, se sia "vera letteratura" quella che abbiamo tra le mani, io credo che si tratti di un falso problema: ogni letteratura nasce da un particolare "humus", la particolarità della circostanza, l'autenticità dell'esperienza, la verità dell'intenzione. Dobbiamo fidarci (e affidarci) a quello che concretamente nasce, in questo caso il racconto dell'esperienza, tipica del Novecento, del confine; la banlieue, il "luogo del bando", l'essere reclusi dentro, esclusi fuori. O viceversa, da un altro punto di vista, un'esperienza infinitamente raccontata nel secolo passato di cui l'immagine più straziante è quella di Gregorio Samsa, il bruco che lentamente si affaccia alla camera dove sua sorella suonava il violino".

La serata si è conclusa con la ormai consueta cena etnica, che proponeva questa volta un'interessante novità: tutti i cuochi delle precedenti cene hanno proposto un piatto del proprio paese, con un amalgama davvero piacevole di gusti marocchini, tunisini, egiziani, senegalesi e vietnamiti.  Riso, carni speziate, involtini primavera, verdure miste, leggere sfoglie miste a legumi, il tutto coronato poi da una ricca selezione di dolcetti e biscottini vari. Insomma, una vera festa per il palato di tutti.
E, come ha ricordato la simpatica ed efficiente signora Tang, coordinatrice del gruppo, se qualche sapore ci è sembrato troppo lontano dai nostri gusti, sarà magari solo questione di abituarsi, così come chi arriva in Italia deve abituarsi ai sapori della nostra cucina. Tang ha fatto sorridere tutti quando ha ricordato che gli appartenenti alla numerosa comunità cinese all'inizio friggevano il salame, non sapendo come mangiarlo.

I cuochi sono stati festeggiati con sincero apprezzamento da parte di tutti, sia per la bravura che per la simpatia. Davvero un bellissimo incontro di persone e di culture, visto che la cucina può a buon diritto definirsi parte non insignificante della cultura e della identità di un popolo.

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