martedì 31 luglio 2012

Sergio Frusoni, poeta a Capo Verde

Mindelo
Mindelo

Il tema dell'emigrazione italiana nel mondo è un argomento di grande interesse e vastità. Tutti sappiamo deigli imponenti flussi migratori che tra il XIX e XX secolo hanno portato i nostri compatrioti ai quattro angoli del pianeta.

Sergio Frusoni
Una delle mete meno conosciute di tali movimenti è l'arcipelago di Capo Verde.  A partire dagli ultimi anni dell'Ottocento, in particolare nella città di Mindelo, sull'isola di S. Vicente, si installò una piccola comunità di emigrati italiani. In quel periodo il porto della città, detto Porto Grande, era divenuto un importante scalo per le navi commerciali dirette in altre parti dell'Africa e in America Latina. 
Gli italiani che si stabilirono a Mindelo erano spesso approdati qui durante viaggi verso altre mete e avevano deciso di fermarsi, aprendo negozi e ristoranti. Altri nostri connazionali avviarono attività di pesca e commercio del corallo, che veniva raccolto e inviato in Italia per essere lavorato. 


Negli anni Venti, un notevole afflusso di italiani fu favorito dall'apertura a Mindelo di una filiale della società Italcable, che installava cavi sottomarini per le comunicazioni telegrafiche. Il primo cavo sottomarino installato fu quello che, partendo da Anzio e passando per Capo Verde, raggiungeva Buenos Aires, consentendo un enorme volume di contatti tra Italia e Argentina, residenza di moltissimi emigrati dal nostro paese. 

Gli italiani contribuirono molto allo sviluppo di S. Vicente: per esempio fu un italiano, Pietro Bonucci, a fondare nel 1920 la prima centrale elettrica dell'isola, che diede lavoro a molti, sia capoverdiani sia italiani, favorendo le attività economiche e produttive. In sostanza l'integrazione tra i nostri connazionali e la popolazione di Capo Verde fu ottima. Col tempo poi gli emigrati italiani furono del tutto assimilati alla popolazione capoverdiana, sposandosi sul posto e abbandonando i contatti con la madrepatria, tanto che oggi non si può più parlare di una comunità italiana vera e propria, avente cioè  tratti distintivi ben identificabili.

Sono venuta a conoscenza di questo interessante aspetto della nostra emigrazione grazie al lavoro di una giovane e brillante ricercatrice reggiana, Elisa Alberani, laureata in Civiltà e Lingue Europee e Euroamericane presso l'Università di Parma e dottoranda in Iberistica presso l'Università Statale di Milano, dove si occupa di letteratura portoghese, soprattutto contemporanea, e di letteratura capoverdiana. 
La dott. Alberani ha curato in particolare la traduzione dell'opera del poeta Sergio Frusoni, nato a Mindelo nel 1901, figlio di immigrati livornesi. Lo scrittore trascorse la sua vita in parte in Italia, dove completò gli studi interrotti  a Mindelo, fu arruolato nell'esercito, nel 1943, e  fu internato per due anni in campo di concentramento, e in parte nell'isola capoverdiana,  dove lavorò, dapprima come dipendente dell'Italcable e in seguito come gestore di un bar. Fu anche conduttore di un programma radiofonico settimanale per l'emittente Radio Barlavento, programma molto popolare, nel quale il poeta commentava in creolo fatti e notizie della vita sull'isola. Nel 1975 infine si spense a Lisbona, senza riuscire a vedere, per poche settimane, l'indipendenza dell'arcipelago di Capo Verde dal Portogallo. 

La sua opera è  composta principalmente da numerose poesie, che egli scrisse in creolo, la variante capoverdiana del portoghese che, proprio grazie a Sergio Frusoni, assunse dignità letteraria. Durante la sua vita, solo due dei componimenti del poeta furono pubblicati, entrambi su una rivista letteraria. Il grande pubblico venne a conoscenza della sua opera soltanto negli anni '90, quando lo scrittore e antropologo Mesquitela Lima, amico di Frusoni, raccolse e commentò in un libro i suoi testi.

I temi della sua poesia sono la vita a Mindelo, il rapporto della città con il mare, la decadenza del Porto Grande, un tempo così fiorente e attivo, la povertà della gente, i legami familiari, l'emigrazione cui molti erano costretti. Anche se tanti aspetti della sua vita lo legavano ancora all'Italia, come il matrimonio con una donna italiana e il doloroso ricordo della guerra e della prigionia, lo scrittore sentiva però di appartenere al popolo d S. Vicente, che amava profondamente e delle cui difficoltà era intensamente partecipe.

Molte poesie di Frusoni sono pervase da uno stato d'animo tipico della cultura lusitana, la cosiddetta sodade (forma creola del portoghese saudadeparola intraducibile che indica un misto di  malinconia, nostalgia del passato, rimpianto per ciò che sarebbe potuto essere e non è avvenuto, e che lo scrittore Antonio Tabucchi ha provato a spiegare richiamandosi al  disìo di cui Dante parla nel canto VIII del Purgatorio, quella condizione che  pervade l'anima dei naviganti che hanno lasciato la propria terra). Come già detto, alcune  poesie compariranno prossimamente nella rivista letteraria Poesia, insieme con uno studio della dott. Alberani sulla vita e l'opera di Sergio Frusoni.

Per concludere, una voce poetica importante, quella di Frusoni,  che in Italia è pressoché sconosciuta e che le ricerche di Elisa Alberani ci permetteranno di conoscere meglio.

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