Uno, di cui forse si è sempre scritto poco, è quello che David Stannard, professore di Studi Americani alla Università delle Hawaii, chiama in un suo saggio L’olocausto americano. Questo scritto fu molto dibattuto, quando fu pubblicato nel 1993, in occasione delle celebrazioni per il quinto centenario della scoperta dell’America. Mentre da una parte si esaltava Colombo, “il portatore di Cristo”, come scopritore di un continente, dall’altra si vedeva questo evento come l’inizio di un vero genocidio, che avrebbe portato nel tempo a cancellare il 95% della popolazione e con essa civiltà importanti e una gran varietà di lingue, che oggi sono rimaste solo tre in tutto il continente americano.
Il saggio, di quasi 500 pagine, con ricca documentazione, si articola in tre parti: una prima parte in cui si ricostruiscono le culture native prima di Colombo; una seconda in cui si denunciano le conseguenze della conquista, facendo un processo a spagnoli, portoghesi, inglesi, statunitensi e ai 4 secoli di massacri dal 1494 fino a Wounded Knee (1890); una terza parte, intitolata “Sesso, razza e guerra santa” in cui si ricercano le ragioni di questo sterminio.