martedì 12 febbraio 2013

Sindiwe Magona, Questo è il mio corpo

Forse anche voi, che state leggendo questo post, non vi aspettereste che proprio il Nuovo Sud Africa, la Rainbow nation (nazione arcobaleno), che doveva dare inizio al "Rinascimento africano", sia il paese con il più alto tasso mondiale di sieropositivi: oltre 5 milioni, di cui 240.000 circa sotto i quindici anni su 45 milioni di abitanti, contro i 2.100.000 registrati complessivamente in Usa ed Europa centrale, secondo le statistiche Unaids.
Nel Sud Africa, che conta la mescolanza di etnie più variegata di tutta l’Africa, il virus colpisce in prevalenza la comunità dei neri e all’interno di essa la malattia sta decimando soprattutto donne e bambini. Nella fascia di età che va dai 15 ai 24 anni una donna sudafricana ha il quadruplo delle probabilità della sua controparte maschile di contrarre il virus. Tra i 20 e i 24 anni una donna su quattro risulta infetta; nel caso di uomini la percentuale scende ad uno su quattordici. Anche un figlio di Nelson Mandela, avvocato cinquantatreenne, è morto di Aids.
La drammaticità di questi i dati è stata certamente la molla che ha fatto scattare il bisogno di scrivere, per far conoscere al mondo intero il problema: mi  riferisco a Questo è il mio corpo, ultimo romanzo di Sindiwe Magona, scrittrice sudafricana, di cui abbiamo di recente  parlato in questo blog e vi rimando a quel post , per conoscere la biografia di questa autrice coraggiosa, tre volte discriminata, perché nera, perché povera, perché donna, determinata al punto di essere stata capace di elevarsi dalla sua condizione e di diventare popolare in tutto il mondo. 

I dati riportati sopra sono presenti nella postfazione di questo romanzo. Magona, dopo essere stata bibliotecaria in una struttura come l’ONU ed essere stata nominata nel 1976 a Bruxelles membro del Tribunale internazionale per i crimini contro le donne, è ritornata in Sud Africa, dove si dedica a numerosi progetti per arginare i tanti problemi non risolti, nonostante la fine dell’apartheid. La ricordiamo come fondatrice del SOUTH 2003, organizzazione non governativa che vuole sconfiggere povertà e violenza soprattutto attraverso l’istruzione. Nel 2007 le è stato attribuito il premio Grinzane Terra d’Otranto come scrittrice dal fermo impegno civile, per aver spinto con la sua scrittura molti giovani, soprattutto donne, a svolgere un ruolo attivo nella crescita del nuovo Sud Africa. 

 Sempre nel 2007, il primo dicembre , giornata mondiale dell’AIDS, in Italia, in prima mondiale, è uscito presso la casa editrice Gorée Il suo ultimo romanzo Questo è il mio corpo. E’ negli anni 2006-2007 che in Italia sono stati pubblicati cinque tra romanzi e racconti, alcuni dei quali  autobiografici, attraverso cui conosciamo la vita dell’autrice, che invece in questo ultimo romanzo è passata alla narrativa in terza persona, scrivendo un libro di denuncia, che può essere considerato manifesto del black power femminile sudafricano, mettendo al centro la pandemia dell’AIDS in Sud Africa. 

Sotto forma di romanzo Sindiwe Magona critica il governo latitante e bugiardo che non attua un’adeguata prevenzione ed anche la Chiesa, protestante e cattolica, che non prende posizione. E’ un libro, con cui sfida l’opinione pubblica, ponendosi sicuramente dalla parte delle donne, contro l’egoistica e tracotante ottusità degli uomini: le donne sono, infatti, in maggior numero vittime dell’AIDS rispetto agli uomini che, per promiscuità e per rifiuto del preservativo, ne sono causa prima. Chiara è la condanna della irresponsabilità maschile, la pericolosità di comportamenti sessuali sconsiderati, per cui chiunque può incorrere nel virus senza sospettarlo. La violenza si nasconde a volte dentro l’amore e dentro la famiglia e non si vuole vederla: Amanda, nel romanzo, ricorda che due suoi fratelli avevano ventuno figli, di cui solo tre avuti dalle rispettive mogli e li definisce animali da riproduzione senza cervello, testicoli ambulanti, “depravati senza alcun senso di responsabilità finanziaria emotiva o morale nei riguardi della loro prole”. 

 Un figlio nato fuori dal matrimonio un tempo era scandaloso, oggi invece la media di figli illegittimi di uomini quarantenni è di sei o sette figli che hanno così solo padri part-time … questo è un abuso del corpo delle donne, che invece dovrebbero capire che non è una né una disgrazia né una vergogna non avere un uomo … meglio vivere sole che morte con un uomo.

L'autrice augura in alcune interviste (ma lo fa dire anche a un personaggio del romanzo) un vibratore ad una diciottenne, per mantenerla in vita.“Mostratemi una tomba di una donna uccisa da un vibratore! Io posso mostrartene centinaia di migliaia uccise dal pene errante”. Un’adolescente su tre è infetta, 240.000 sotto i quindici anni. 

Il governo post-apartheid si è dimostrato lento e inefficace nel gestire la pandemia in termini di cure, assistenza e prevenzione. Si calcola che almeno 2 milioni di persone siano infette senza saperlo. Nel 2010 per i mondiali di calcio sono stati stanziati 3,2 milioni di euro, mentre per l’AIDS solo 800.000 milioni. 

Questo è il mio corpo è la storia di cinque donne, amiche per la pelle, che fanno parte del FFF, il Five Firm Friends. Amanda è la figura principale, affiancata da Edith, Cordelia, Doris, Beauty. L’evento di partenza è la morte di Beauty, moglie fedele, "il cuore delle FFF”. Sono giovani donne rappresentative della quotidianità della comunità nera, devastata dalla malattia e dalla morte. Siamo nel 2002 nel cimitero di Guguletu, una delle sei township nella periferia sud-est di Cape Town, per la sepoltura di Beauty, dove il marito Hamilthon, playboy impenitente, “un adultero seriale”, “lo stallone”, vivo e apparentemente sano, tiene l’orazione funebre della moglie, che inizialmente e ufficialmente si crede morta per tubercolosi, ma in realtà di AIDS. Le quattro amiche rimaste, tre sposate ed una in procinto di sposarsi, tutte tra i 35 e 40 anni, decidono da angolazioni diverse di impegnarsi, di sostenersi a vicenda per sopravvivere, di ribellarsi ai loro uomini e alle tradizioni di una società patriarcale, che vede le donne inferiori e succubi dei loro uomini. Sono donne non più delle baraccopoli, ma della nuova middle classe, istruite, che vogliono bloccare la pandemia e che rivendicano il diritto alla vita. Per questo rinegoziano la loro vita sessuale: NO TEST, NO SEX. Come non pensare alle commedie di Aristofane e allo sciopero sessuale delle donne di tutta la Grecia, per convincere i mariti in guerra a smettere di uccidersi e di uccidere? 

Questo romanzo, giocato tra presente e flashback, con personaggi inventati e ben caratterizzati, nasce da rabbia e vergogna e vuole ribadire che la vita è più importante dell’amore e del sesso. Non è frutto di risentimento e odio verso gli uomini, perché indica anche vie di uscita, dando importanza alla amicizia, alla solidarietà, alla sorellanza, come acquisizione della coscienza di sé, nel momento in cui le donne riescono a tirar fuori da sé anche aspetti della vita privata e intima, riflettendo su sesso e masturbazione. Attraverso l’uso  del monologo interiore e del discorso indiretto libero conosciamo i pensieri delle quattro amiche e le loro diverse storie. Vorrei ricordare che in Sud Africa esistono ancora terribili superstizioni, per cui, per liberarsi da mali come l’AIDS ci sono uomini che fanno stupri, che hanno rapporti con neonati anche di 15 giorni, o di pochi mesi, o con giovani donne vergini, o con nonne anziane inattive sessualmente e quindi di recuperata verginità. Nel romanzo Cape Town è definita “capitale mondiale dello stupro”.  

Il titolo originale del romanzo tradotto dall’inglese è La verde libertà di un pappagallo: amore e morte a Guguletu e di questo parla Maria Paola Guarducci nella postfazione, in cui richiama i quindici versi in esergo di Wallace Stevens (1879-1955), uno dei poeti più criptici del simbolismo americano. Sono versi tratti da Domenica Mattinauno dei suoi componimenti più famosi. Non è facile capire questa scelta poetica, che però successivamente è commentata, durante l’incontro con un gruppo di lettura. E’ un inno alla morte, così nel romanzo viene letto proprio dalla giovane Beauty, la cui morte è l’elemento chiave del libro. Nella poesia si parla di un pappagallo, un cacatua (cockatoo), splendido esemplare dotato di una cresta erettile, che muove quando prova piacere. La discussione sulla poesia di Stevens immette il tema di Thanatos nel gruppo delle cinque donne, ancora ignare che l’Aids è penetrato tra loro. Nello stesso tempo si parla di Eros, desiderio, amore. Eros e Thanatos, in questa epoca di Aids in Sudafrica, sono legati l’un l’altro come non mai. Vitale è il grido delle quattro amiche sopravvissute che non hanno più voglia che il loro corpo sia “il ricettacolo dello sperma” dei loro uomini, per cui rivendicano la loro libertà fisica ed emotiva, il diritto alla vita e al piacere, un piacere che non si vergogneranno di mostrare al mondo, come il pappagallo della poesia di Stevens con la sua cresta in gioioso movimento. 

Sindiwe Magona, Questo è il mio corpo!, Gorée, 2007, pp. 282.

(Testo di Caterina Fiore)

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