mercoledì 6 febbraio 2013

Giornata mondiale contro le mutilazioni genitali femminili


In questo blog, in cui è capitato spesso di parlare di diritti, quasi sempre violati, delle donne africane, come non ricordare che oggi,  6 febbraio 2013, nel mondo si celebra la giornata internazionale contro l’infibulazione e le mutilazioni genitali? 

Questa data è stata stabilita dall’Assemblea generale dell’ONU, che ha bandito queste barbare tradizioni,denunciando che a queste pratiche, fortemente lesive della salute psichica e fisica di bambine e donne, sono già state sottoposte non meno di 130 milioni di donne nel mondo e che 3 milioni di bambine sono a rischio ogni anno. Le mutilazioni genitali femminili (MGF) sono, infatti, pratiche tradizionali che vengono eseguite soprattutto in 28 paesi dell'Africa sub-sahariana, per motivi non terapeutici. 

L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), come riporta Wikipedia, ha classificato le mutilazioni in 4 tipi differenti, a seconda della gravità degli effetti: 1. Circoncisione (o infibulazione, al-sunna): è l'asportazione della punta della clitoride, con fuoriuscita di sette gocce di sangue simboliche. 2. Escissione, al-wasat: asportazione della clitoride e taglio totale o parziale delle piccole labbra. 3. Infibulazione (o circoncisione faraonica o sudanese, dal latino fibula, spilla): asportazione della clitoride, delle piccole labbra, di parte delle grandi labbra vaginali con cauterizzazione, cui segue la cucitura della vulva, lasciando aperto solo un foro per permettere la fuoriuscita dell'urina e del sangue mestruale. 4. Il quarto gruppo comprende una serie di interventi di varia natura sui genitali femminili. 


Le mutilazioni genitali femminili hanno gravissime conseguenze sul piano psico-fisico, sia immediate (con il rischio di emorragie a volte mortali, infezioni, shock), sia a lungo termine (cistiti, difficoltà nei rapporti sessuali, rischio di morte nel parto sia per la madre sia per il nascituro). Queste pratiche sono eseguite in età differenti a seconda della tradizione: per esempio nel sud della Nigeria si praticano sulle neonate, in Somalia sulle bambine, in Uganda sulle adolescenti. 

A tutela delle donne si adoperano i movimenti per l'emancipazione femminile, soprattutto in Africa. Una campagna in Italia è stata lanciata negli anni novanta da Emma Bonino, che, a fianco dell'organizzazione Non C'è Pace Senza Giustizia, ha organizzato sull'argomento eventi, iniziative e conferenze, con politici europei e africani. Sempre in Italia nel 2008 un'altra campagna per la sensibilizzazione dell'opinione pubblica è stata creata da Mara Carfagna, tramite il suo Ministero per le Pari Opportunità. Nel 2010 Emma Bonino ha rilanciato la campagna: in tutto il mondo sono state raccolte firme per un appello per la messa al bando di questa pratica, da presentare all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite o almeno per una moratoria. Il 20 dicembre 2012 l'Assemblea generale dell’ONU ha approvato la risoluzione sulla messa al bando universale delle mutilazioni genitali femminili. La risoluzione, che è una questione di diritti umani, è stata sponsorizzata da due terzi degli Stati membri, tra cui il gruppo degli Stati dell'Africa: il testo condanna la pratica, riconoscendola come dannosa per le donne e le ragazze e come una grave minaccia per la loro salute. Escissione e infibulazione sono state vietate nel Burkina Faso, messe al bando dal 1985 grazie a un provvedimento legislativo promosso da Thomas Sankara, all'epoca presidente del paese e poi assassinato. Al contrario, il cosiddetto "padre"del Kenya moderno, Jomo Kenyatta, difese l'infibulazione come una pratica culturale importante. 

Le origini delle mutilazioni femminili sono legate a tradizioni dell’antico Egitto (da qui il nome di infibulazione faraonica). Si calcola che in Egitto, nonostante la pratica sia vietata, ancora oggi tra l'85% e il 95% delle donne abbia subito l'infibulazione. La Somalia, dove la pratica è diffusa al 98%, è stata definita dall'antropologo de Villeneuve "le pays des femmes cousues", il paese delle donne cucite. L'infibulazione e l'escissione del clitoride non sono menzionate dal Corano: non è, dunque, richiesta dall'Islam alcuna forma di manipolazione dei genitali (tra cui l'infibulazione) che rechi danno fisico alla donna. Secondo diversi studiosi non è neppure considerato accettabile nell'Islam che sia limitato il piacere sessuale. I rapporti sessuali, attraverso questa pratica, vengono impossibilitati fino alla defibulazione (cioè alla scucitura della vulva), che in queste culture, viene effettuata direttamente dallo sposo prima della consumazione del matrimonio. Dopo ogni parto viene effettuata una nuova infibulazione per ripristinare la situazione prematrimoniale. 

 La pratica dell'infibulazione faraonica ha lo scopo di conservare e di indicare la verginità al futuro sposo e di impedire alla donna di provare piacere durante l'amplesso con il coniuge. Questa pratica si può riscontrare in alcuni paesi, in tutto o in parte islamici (essenzialmente la parte meridionale dell'Egitto, Sudan, Somalia, Eritrea, Nigeria, Senegal, Guinea), dove viene consigliata come sistema ritenuto utile a mantenere intatta l'illibatezza della donna. In Somalia, una donna non infibulata viene considerata impura. Pertanto, non riesce a trovare marito e rischia l'allontanamento dalla società Al di fuori dell’Africa, in Indonesia, ad esempio, un'associazione islamica finanzia campagne di infibulazione gratuita all'interno delle scuole. Così, secondo una Fondazione istituita da Waris Dirie, avrebbe già reso possibile l'infibulazione del 96 per cento delle bambine indonesiane. 

La scrittrice Ayaan Hirsi Ali, nata a Mogadiscio nel 1969, somala naturalizzata olandese, è una delle principali attiviste contro le mutilazione femminili, nonché testimone di come questa pratica sia tipica delle società islamiche: ella stessa fu infibulata all'età di cinque anni, assieme alla sorella di quattro.. Nel Cristianesimo, le mutilazioni, anche quelle autoinflitte, sono considerate un peccato contro la santità del corpo e sono quindi proibite. Ma - come per l'Islam - essendo l'infibulazione legata a culture antropologiche tribali precedenti la cristianizzazione, tale pratica si è conservata, soprattutto tra i copti (ortodossi e cattolici) e nel Corno d'Africa (Eritrea, Etiopia) Nel 2006 il Parlamento italiano ha provveduto a tutelare la donna dalle pratiche di mutilazione genitale femminile, in attuazione degli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione e di quanto sancito dalla Dichiarazione e dal Programma di azione adottati a Pechino il 15 settembre 1995, nella quarta Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sulle donne. Al codice penale è aggiunto l'articolo 583-bis che punisce con la reclusione da quattro a dodici anni chi, senza esigenze terapeutiche, cagiona una mutilazione degli organi genitali femminili. In Italia sono circa 40.000 le donne che hanno subito l'infibulazione. L'Italia è oggi la nazione europea che, per la particolare tipologia di flussi migratori, risulta il Paese con il più alto numero di donne infibulate.

(Testo di Caterina Fiore)

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