giovedì 8 dicembre 2011

Nadeem Aslam, La veglia inutile

La veglia inutileLa veglia inutile è un romanzo di Nadeem Aslam, pubblicato da Feltrinelli nell'ottobre 2008, a poco più di un mese dalla pubblicazione dell’originale in lingua inglese in Inghilterra.

Un romanzo molto atteso per il grande interesse suscitato in me nel 2004 da Mappe per amanti smarriti, opera polifonica che – con una trama quasi poliziesca – senza retorica, con lucidità, con pietosa partecipazione, descrive le “gabbie religiose, politiche, sociali” che rendono ancora più dura la vita di migranti, soprattutto pakistani, che continuano ad avere lo sguardo alla patria perduta.
Tra i temi affrontati la mancata integrazione in una città senza nome, ribattezzata "Città della solitudine", in un’Inghilterra multiculturale, ma che spesso ghettizza, anche perché gli stessi migranti di prima generazione si autoghettizzano.
E’ l‘islamismo in primo piano con le sue storture, le contraddizioni che producono forme di violenza soprattutto sulle donne. Un islamismo con volti diversi, che può degenerare in fanatismo e che come tale è condannato da Nadeem Aslam che si definisce laico, ma di cultura musulmana. Un romanzo che si presta ad un’efficace indagine sociologica, ma che deve essere gustato anche per la bellezza della scrittura, per la ricchezza della lingua, per la sensualità, per le minuziose descrizioni che sollecitano i sensi, suggerendo colori, profumi, attraverso le frequenti metafore e similitudini.
Tante storie, tanti personaggi che si muovono in una natura libera, colorata, felice, vista con occhi esotici in opposizione al grigiore in cui vive la comunità pakistana a causa della gabbia culturale che si è autocostruita.
Solitudine è certamente la parola chiave del romanzo.

Più difficile la valutazione del nuovo romanzo La veglia inutile, che sono corsa ad acquistare il giorno stesso della pubblicazione in Italia e che ho letto subito dopo, ma che ha fatto nascere in me – cosa insolita - il bisogno di una ri-lettura immediata più lenta. Il significato generale era chiaro, ma gli infiniti particolari troppo complessi e sfuggenti.

Dopo un’opera eccellente, come io ritengo sia Mappe per amanti smarriti, si fa sempre fatica a ritrovare un’opera allo stesso livello o più valida ancora. Per questo potrebbe essere facile solo dire che è di livello inferiore, preferisco invece sottolineare che dietro questo romanzo c’è sempre un giovane scrittore pakistano con grandi talenti e che, con molto coraggio, continua a scavare dentro questa cultura islamica, che, pur nella sua laicità, è la sua cultura. Potrei solo dire che è meno marcato quel afflato poetico che accompagnava il romanzo precedente e che catturava il lettore: anche qui non manca, forse si è fatto più sottile.

Teatro della storia è l’Afghanistan, un paese però diverso da quello del "Cacciatore di aquiloni": non è più
  
la terra che Alessandro Magno aveva attraversato con il suo unicorno, un paese di frutteti leggendari…di melograni ma…una delle grandi tragedie del nostro tempo lacerato da guerre infinite, dagli odi e sbagli del mondo,due milioni di morti nell’ ultimo quarto di secolo.

Attraverso le tante storie, in particolare di cinque personaggi, penetriamo nella dolorosa e brutale realtà di un paese, che da almeno 25 anni è cronaca giornaliera dei nostri telegiornali. Un Afghanistan, in cui prevalgono la distruzione, la violenza, impensabili brutture, ma anche la bellezza, se si richiama il passato, la tradizione.

Marcus, un medico inglese settantenne sposato ad un’afghana, Lara, una russa alla ricerca del fratello disertore, David, la spia americana, James, il soldato delle forze speciali Usa, Casa, un talebano, a cui Aslam presta una particolare attenzione: personaggi di origine diversa, ciascuno rappresentativo del luogo d’origine e delle connessioni forzate in questo teatro di guerra dalla storia complessa, dall’occupazione britannica all’invasione russa, alla guerra civile, all’intervento americano, al dopo 11 settembre, quello “spettacolo grandioso visto dal mondo intero che avrebbe seminato timore e sgomento in ogni cuore come un’ esplosione nucleare sulla luna”.

Un paese in cui la guerra non è finita e in cui

perfino l’aria… ha una sua storia da raccontare. Qui è possibile prendere un pezzo di pane da un piatto e, seguendolo fino alle sue origini, raccogliere una dozzina di storie sulla guerra, come abbia colpito la mano che lavorava la pasta, quali siano state le ripercussioni della guerra sul campo in cui cresceva il grano.

E anche dietro la mano mancante di Marcus c’è una tragedia dolorosa da scoprire a poco a poco.

C’è un mondo violento, al di là dell’Afghanistan e c’è un centro nel romanzo, la casa di Marcus, un microcosmo in cui uomini e donne diversamente smarriti convergono: una casa nel cui giardino c'è una fabbrica di profumi ora in disuso, in cui c’è la testa gigantesca di un Budda sorridente, una casa in cui moltissimi libri sono inchiodati al soffitto, una casa in cui le pareti con antichi dipinti libertini sono state coperte di fango, per occultare e salvare dalla violenza dei talebani la bellezza, di cui erano capaci gli uomini liberi del passato.

Frequenti e sorprendenti in uno scrittore di cultura islamica sono i richiami ad opere letterarie del passato di autori come Omero, Tucidite, Virgilio, Agostino, Firdusi, Blake…

Nelle ultime pagine un significativo richiamo ad Omero:

Gli eroi d’Oriente e Occidente si stanno massacrando a vicenda nella polvere dell’Afghanistan. Entrambe le parti della guerra di Omero, quando arrivano a raccogliere i loro morti sul campo di battaglia, piangono a dirotto, perfettamente visibili gli uni agli altri. Con la morte nel cuore.

Anche in questo romanzo Nadeem Aslam si dimostra capace di guardare alla realtà con una molteplicità di punti di vista e questo lo rende particolarmente apprezzabile.

Nadeem Aslam, Mappe per amanti smarriti, Universale economica Feltrinelli, 2006.

Nadeem Aslam, La veglia inutile, I narratori Feltrinelli, 2008.

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