Javer Cercas, uno degli scrittori incontrati alla Fiera del libro di Torino 2012, divertente, ironico nel raccontare come, pubblicato un primo romanzo nel 1989, nessuno si fosse accorto di lui, finché, poi, non divenne uno scrittore di grande successo con
Soldati di Salamina, vincitore del Grinzane Cavour nel 2003.
Era grato anche alla casa editrice
Guanda, di cui quest’anno si festeggia l’ottantesimo compleanno, per avere creduto in lui.
Io, in maggio, avevo già letto, anzi riletto
Soldati di Salamina, un romanzo che ho trovato bellissimo e che ha suscitato in me particolari emozioni, come capita raramente. Eguale emozione e interesse ho provato leggendo, poi,
La velocità della luce, mentre mi ha lasciato un po’ indifferente un terzo romanzo,
La donna del ritratto.
Soldati di Salamina è senz’altro un meta-romanzo, perché è una storia nel suo farsi, in cui lo stesso autore Javer Cercas, dalla prima pagina all’ultima, ci racconta come e perché ha avuto il bisogno di raccontare questa storia, che rientra nelle numerose opere di questi ultimi anni relative alla guerra civile spagnola.
Javer Cercas è, dunque, il protagonista del romanzo, un giornalista che ha abbandonato la precedente attività di scrittore per l’insuccesso dei suoi due primi romanzi. Nel 1994 si imbatte nella storia di Rafael Sanchez Mazas (1894-1966), scrittore, poeta, con J. A. Primo de Rivera fondatore della Falange. Arrestato durante la guerra civile, è prigioniero dei repubblicani, che ormai in fuga verso i Pirenei, dopo la caduta di Barcellona, portano con sé centinaia di falangisti, che tengono prigionieri nei pressi di Banyoles nel santuario di santa Maria di Colel, un antico convento trasformato in carcere.