lunedì 17 dicembre 2012

Jeanette Winterson, Perché essere felice quando puoi essere normale?

Recentemente presso l'editore Mondadori è uscito il libro Perché essere felice quando puoi essere normale? autobiografia della scrittrice inglese Jeanette Winterson, autrice di numerosi altri romanzi, tra cui  Non ci sono solo le aranceopera  d'esordio, uscita nel 1985, con cui l'autrice vinse l'importante Whitbread First Novel Award, e l'appassionato Scritto sul corpo, pubblicato in Italia nel 1993.


Nata a Manchester, Jeanette fu adottata a sei mesi da una coppia non più giovanissima, che viveva ad Accrington, in un sobborgo operaio fatte di modeste casette a schiera. Entrambi i genitori praticavano una rigorosa fede pentecostale e avevano adottato la bambina con l'idea di farne una missionaria e diffondere il proprio credo. Partecipare alle funzioni in chiesa tutti i giorni, leggere quotidianamente la Bibbia, ascoltare alla radio solo le trasmissioni sulla religione, queste le principali attività della famiglia. La piccola Jeanette, sulla cui sacca da ginnastica, invece che animaletti o cuoricini, la madre ha ricamato un perentorio "L'estate è arrivata e noi non siamo ancora redenti",  cresce pertanto imbevuta di sentenze bibliche e di terrori apocalittici: "Molti bambini lasciano qualcosa da mangiare per Babbo Natale, quando si cala giù dal camino. Io preparavo dei regali per i Quattro Cavalieri dell'Apocalisse. "Arriveranno stanotte, mamma?"(p. 75)

Perno della famiglia di Jeanette è proprio la madre, figura imponente e formidabile, sia in senso fisico che spirituale, ossessionata dall'idea del peccato e dalla necessità della rinuncia a ogni tipo di piacere. Jeanette, minuta, vivacissima, ribelle, entra ben presto in rotta di collisione con lei, che infatti la rimprovera continuamente, sostenendo che il diavolo le aveva fatto sbagliare culla, al momento dell'adozione, e la punisce, chiudendola nella carbonaia o lasciandola fuori sui gradini di casa tutta la notte:

Da bambina mi picchiavano e ho imparato presto a non piangere mai. Quando venivo chiusa fuori di casa, di notte, mi sedevo sui gradini, aspettavo che arrivasse il lattaio con le due bottiglie da mezzo litro, me le scolavo, lasciavo lì i vuoti per far dispetto a mia madre e m'incamminavo verso la scuola. (p. 12)

La ragazzina cresce pertanto scontrosa, solitaria, bisognosa di amore, ma incapace di viverlo:

A scuola, durante la ricreazione, me ne stavo sempre seduta sul muretto fuori dai cancelli. Non ero una bambina che ispirava simpatia: ero troppo spinosa, troppo arrabbiata, troppo seria, troppo strana. [...] Ma anche quando riuscivo ad avere un'amica, mi mettevo d'impegno per rovinare tutto... Se una mia compagna si affezionava a me, aspettavo che abbassasse la guardia e poi le dicevo che non volevo più essere sua amica. [...] Poi scappavo via trionfante, perché sentivo di avere il controllo della situazione, e ben presto la sensazione di trionfo e di controllo si sgretolava e io piangevo a calde lacrime perché ero di nuovo chiusa fuori, di nuovo sui gradini, dove non volevo stare. (p. 16)

La condizione di figlia adottiva pesa  gravemente su Jeanette, che sente "di non appartenere a nessuno" (p. 16) e non si sente amata dai genitori, soprattutto dalla madre, mentre il padre, una figura sbiadita e apatica, per lo più la ignora, tranne quando, tornando a casa la sera, è indotto dalla moglie ad somministrare a  Jeanette le sberle che la piccola si è "guadagnata" con le sue caparbie disobbedienze. 

In realtà Mrs Winterson (così Jeanette chiama la madre) è una donna profondamente infelice e depressa, che non riesce a far altro  che rendere infelici anche quelli che le stanno vicino, avvelenando la vita dei familiari con le sue profezie catastrofiche, i divieti assurdi, la religiosità fanatica e intollerante. Ma questo la figlia lo comprenderà solo da adulta, quando avrà trovato la sua strada di donna e di artista, mentre quando era una ragazzina riusciva solo ad odiarla. 

Uno dei divieti più insopportabili per Jeanette è quello di leggere romanzi, che la ragazza invece compera di nascosto, ficcandoli poi tutti sotto il materasso, dopo averli accuratamente ricoperti di plastica, perché molto preziosi per lei. Inevitabilmente però, il letto lievita e ben presto la madre si accorge della disobbedienza della figlia. Il primo libro in cui si imbatte rovesciando il materasso  è niente meno che Donne innamorate di Lawrence. Le conseguenze sono drastiche:

Mrs Winterson sapeva che Lawrence era un satanista e un pornografo. Lo buttò giù dalla finestra, poi frugò e rovistò sotto il materasso in cerca degli altri facendomi cadere dal letto e lanciò in cortile tutti i miei libri. [...] Poi Mrs Winterson prese la stufetta portatile a paraffina che usavamo per scaldare il bagno, scese in cortile, versò la paraffina sui libri e li incendiò. (p. 45) 

Il dolore della perdita dei tanto amati libri scuote profondamente Jeanette, ma le insegna due cose molto importanti. Ecco la prima lezione:

Per un po' rigai dritto, ma intanto avevo fatto una scoperta importante: tutto quello che è al di fuori di te ti può essere sottratto, in ogni momento. Solo ciò che è dentro di te è al sicuro. Cominciai a imparare i testi a memoria. (p. 45)

La seconda lezione è in qualche modo ancor più decisiva per il futuro di Jeanette:

I libri non c'erano più, ma erano solo oggetti: quel che contenevano non poteva andare distrutto altrettanto facilmente. Quel che contenevano era già dentro di me, e insieme saremmo andati lontano. E mentre contemplavo il mucchietto fumante di carta e inchiostro, ancora caldo nel freddo mattino, compresi che c'era qualcos'altro che potevo fare. "Fanculo" pensai. "Li scriverò io." (p.46)

Questa rivelazione sorprendente accompagnerà da quel momento in poi la giovanissima Jeanette, che la madre caccerà di casa a sedici anni, dopo averne scoperto l'omosessualità (cosa per cui la sottoporrà perfino a un esorcismo), e che con tenaci sacrifici riuscirà a sopravvivere (dormendo per mesi in un'automobile) e a laurearsi ad Oxford. Il curioso titolo del libro si riferisce alla frase che Mrs Winterson rivolge alla figlia, quando questa, agli anatemi materni, opporrà il proprio diritto a libere scelte e alla ricerca della felicità. Nella visione disperata e fanatica della madre, infatti, qualunque accenno alla felicità è già di per sé peccaminoso e sconveniente.

Perché essere felici quando puoi essere normale? è un libro appassionante, drammatico, a volte doloroso, ma nello stesso tempo pungente, ricco di umorismo, irriverente, espressione di un animo segnato da inguaribili cicatrici, ma anche  indomabile e temerario.

Jeanette Winterson, Perché essere felice quando puoi essere normale?, Mondadori, Milano 2012.

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